UNCEM LAZIO - ANALISI E VALUTAZIONI SULLA PL DELL’ASS.TO EE. LL

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“DISPOSIZIONI PER LA SALVAGUARDIA, LA VALORIZZAZIONE E LO SVILUPPO DELLE ZONE MONTANE DEL LAZIO” - NOVEMBRE 2020 -


PREMESSA


Ci troviamo di fronte ad una PL da ritenere di impostazione superata.
Non tanto dal punto di vista normativo in senso stretto, ( anche se una recente Sentenza della Corte Costituzionale ha reso inapplicabile la parte dell’associazionismo forzoso per le funzioni fondamentali cui la PL si richiama) ma da quello della ratio che risale alle leggi emergenziali seguite alla crisi economica del 2008, improntate al risparmio di risorse, al centralismo dei patti di stabilità, al rigore schematico dei tagli lineari, ed applicato in modo unidirezionale, soltanto verso i Comuni, le CM e le Province.
Oggi al contrario non siamo più nelle condizioni di rigore finanziario, di tali tagli dannosi ed incongrui per far cassa, del dirigismo statuale di 10 anni fa; oggi siamo nel bel mezzo di una pandemia ancora fuori controllo, che richiede interventi massicci ma capillari di spesa non solo ristoratrice, con una massa di risorse aggiuntive inusitate per quantità e libertà di impiego, quindi necessitanti di decentramento e sussidiarietà, deleghe ed attribuzioni.
Dal rigore, dal risparmio, dai tagli di 10 anni fa ora dobbiamo passare ad una nuova fase: abbiamo bisogno di investire, finanziare, sostenere, sussidiare progetti, programmi, enti, associazioni, imprese, altrimenti non ci salveremo dal disastro annunciato.
Le aree interne e montane sono entrate a pieno diritto tra le programmazioni possibili da sottoporre alla UE per i programmi Next Generation UE e Recovery Fund.
Non esiste ancora una politica strategica e condivisa per il loro rilancio e soprattutto una allocazione di risorse significative in grado di fare la differenza con i trend socioeconomici in atto di invecchiamento, impoverimento, spopolamento.
Eppure la pandemia ci ha dato una durissima lezione sulle conseguenze dell’abbandono di tale aree in favore dell’inurbamento marginale e periferico, e sulle potenzialità di controesodo ancora inespresse.
I media nazionali ed internazionali l’hanno ben colto ed auspicano e richiedono politiche conseguenti.
Perché non individuare le Comunità Montane, arricchite, corrette, trasformate, come enti utili a questo rilancio dei territori? perché limitarsi alla vecchia impostazione dell’art.32 del TUEL teso al risparmio di risorse e di personale, scontato nella governance e proditorio nell’accollare a Comuni già stremati e fragili “le risorse umane e strumentali” per lo svolgimento delle funzioni attribuite, come esso recita?
Come appare lontana la sciagurata analisi del libro “La Casta” che indicando nelle CM e nelle Province il male assoluto, curato il quale tutte le istituzioni sarebbero rifiorite, ha contribuito a determinarne la rovina di tanti territori, e l’indebolimento, ma non di una entità astratta, ma di milioni di Italiani senza più servizi decenti, presidi di prossimità, accessi intermedi alla PA.
Oggi ci sarebbe bisogno di enti profondamente legati al territorio ed alle sue esigenze con una capacità d’intervento autorevole ed organico per i Comuni, come le Unioni Montane; enti che abbiano legittimazione nell’art.44 della Costituzione e quindi doverosamente obbligatori dopo una fase di concertazione e di verifica sugli ambiti territoriali di riferimento prevista nel TUEL; enti che possano in tal modo garantire continuità programmatica e gestionale; enti all’interno delle prerogative regionali di governo del territorio, come materia concorrente assegnata loro dall’art.117 della Costituzione, e non fuori, come il richiamo all’art. 32 presuppone; enti che trovino piena agibilità amministrativa nei settori della montanità, attraverso risorse adeguate, deleghe, attribuzioni e ovviamente anche controlli.
La volontarietà di adesione alle UCM connaturata all’art 32, rischia di scomporre il territorio delle 22 CM secondo interessi non istituzionali, ma politici o campanilistici; inoltre essendo in Italia la media funzionale di composizione delle Unioni, di 5 Comuni, (difficilmente funzionerebbero altrimenti), per i 245 Comuni montani si andrebbe ad un raddoppio di enti, di sedi, di organi, di strumentazioni, di spese di funzionamento: un disastro finanziario!
In subordine ci potrebbe essere un ente strumentale proprio della Regione ad occuparsi dei territori montani, come la proposta di ATOMO avanzata a Fiuggi nel 2017, da tutte le Ass.ni e recepita dalla Giunta di allora.
Questi obiettivi sono ancora raggiungibili, a partire da una corretta analisi e valutazione del testo presentatoci dall’Ass.re Troncarelli? Si riuscirà su quelle basi a costruire un nuovo ente utile al territorio?
Proveremo a dare il nostro contributo come UNCEM, all’interno del testo ricevuto, per senso di responsabilità e con la preoccupazione doverosa di tutelare al meglio le popolazioni montane che amministriamo.
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EMENDAMENTI ED INTEGRAZIONI

Art 1 – (Finalità ed oggetto)
Le finalità e l’oggetto di ogni legge, contengono i principi fondamentali di riferimento che dalla Costituzione, al Tuel alle leggi di settore si intenda osservare.
Il richiamo all’art.44 2° comma della Costituzione è naturalmente fondamentale, ma non si comprende perché non siano tenuti presenti e citati nel TUEL, gli artt 27 e 28 che si occupano di montanità, e gli artt 4 e 5 che si occupano di sistema regionale delle AA LL, mai colpevolmente applicato. Si propone quindi di inserirli.
Nel comma 2, non si fa cenno alla garanzia che deve offrire la Regione per assicurare i livelli essenziali delle prestazioni, indicando un generico processo di individuazione di “ ambiti territoriali ottimali e gli strumenti per la salvaguardia e lo sviluppo delle zone montane.”
Il richiamo agli ATO e più oltre la sua coerenza con i distretti sociosanitari, pone un problema di metodo e di impostazione legislativa strategica che non pare il caso di inserire in una legge specifica per la montanità, con il rischio di fare confusione soprattutto perché venendo meno l’obbligatorietà per i Comuni di appartenere alle UCM, nessuno è in grado di prevedere la loro configurazione territoriale finale.
Sarebbe auspicabile, lo si ribadisce, che completata la fase di trasformazione delle attuali CM e soprattutto risolta la sovrapposizione di esse con le Unioni esistenti che interessa 22 Comuni, poi si ponga mano alla costituzione degli ATO, tenendo anche conto dei risultati della SNAI.
Oggi ci appaiono troppe le variabili ed i nodi da sciogliere, nonché poco chiare le linee strategiche su cui muoversi, per affrontare entrambi i problemi: più agevole sarebbe trasformare le CM entro gli attuali confini; concertare con i 22 Comuni che sono in Unione, ma fuori da esse, una soluzione convenzionata; aprire poi una nuova fase di aggiustamento secondo criteri di ambito, fissandone parametri e finalità, servizi integrati e risorse.

Art. 2 - (Unioni di Comuni Montani)
L’art.32 recita: “ Ove costituita in prevalenza da Comuni montani, essa (l’Unione) assume la denominazione di Unione di Comuni Montani…”, quindi la scelta praticata dalla Regione Lazio è netta, ma non scevra da problemi di referenza giuridico legale con l’art. 27 e 28 del TUEL in vigore, che recita al 1° comma: ” le CM sono unioni di Comuni, enti locali costituiti fra Comuni montani…”
C’è sicuramente sovrapposizione e discrasia tra le due formulazioni, ma non si ritiene che esse siano alternative, ma piuttosto contaminabili.
Il punto di rottura è che in osservanza dell’art.44 le Regioni avevano adottato un modello di ente obbligatorio, che oggi con l’art.32 diviene volontario e quindi subordinabile ad interessi, o localistici o politici, lontani dalla salvaguardia costituzionale della montanità.
La PL rimedia ad un possibile vulnus costituzionale obbligando i Comuni non aderenti a convenzionarsi.

Art.3 – (Ambiti Territoriali)
Gli Ambiti delle UCM diventano in sede di prima applicazione ATO provvisori e dopo un anno, previa concertazione, ATO definitivi, secondo 6 criteri.
Il punto non chiaro è come sono formate le UCM: hanno i confini territoriali delle CM? Non è scritto da nessuna parte. Poiché è stato abrogato il “Piano di Riordino Territoriale”, le aggregazioni comunali sono libere? Andrebbe meglio chiarito.
E’ ovvio che l’art.3 comma 126 e seguenti della lr 17/16, rivisto dalla lr 9/17, rimaneggiato dalla lr 13/18, senza che se ne redigesse una formulazione autentica e chiara, non è il massimo della buona legislazione; per questo sarebbe bene completare la trasformazione che non è coerente con abrogazione: sono due processi e procedure diverse perché se “abolisco” non posso che “sostituire” non trasformare qualcosa che non c’è più.
Dovendo fare chiarezza si potrebbe affermare che:
“… gli ambiti territoriali iniziali delle CM si costituiscono in UCM ai sensi dell’art.32 TUEL ed i Commissari Straordinari Liquidatori ed i loro Vice, sono prorogati nelle loro funzioni per avviare concludere in … mesi, una fase di concertazione territoriale per risolvere:
a) la sovrapposizione CM ed UdC –
b) L’aggregazione territoriale volontaria dei Comuni secondo criteri e parametri fissati dalla GR e decisi in sede di Conferenza di cui all’art.6.”
In un anno, o altro tempo ritenuto congruo dalla GR, si arriverebbe ad un riassetto definitivo del territorio montano e non, con ATO attagliati per quanto possibile ai Distretti SS, con una governance prevista da una autonomia statutaria e regolamentare vera; con servizi e funzioni sia per la montanità che per le funzioni fondamentali.

Art.4 – (Funzioni delle UCM)
Andrebbero aggiunte le funzioni attinenti “l’energia e le nuove tecnologie informatiche” ed una maggiore specificazione sulle leggi regionali di settore; manca poi il rapporto possibile con le Province per le quali si dovrebbe coordinare il rilancio .

Art.5 – ( Adesioni, recesso e convenzioni)
La formula della Convenzione ex art.30 del Tuel è opportuna per la sua duttilità e semplicità di messa in campo; ne andrebbe estesa l’obbligatorietà, non solo ai Comuni Montani, ma a tutti i Comuni dell’ATO, in quanto funzioni e servizi come la Protezione Civile, interventi d’emergenza, anagrafe e stato civile ecc. ne hanno motivazione basica.


Art. 6 – (Conferenza regionale per lo sviluppo delle zone montane)
Andrebbe esteso l’ambito d’intervento dicendo: “Conferenza Regionale per lo sviluppo delle aree interne e montane”, comprendendo così gli ATO montani e le aree interessate dalla SNAI.
Andrebbe articolato meglio il funzionamento in quanto una sola convocazione fissa appare inadeguata; andrebbe invece previsto un ruolo di supporto e contatto permanente con il CAL che si dovrebbe dotarsi di Una Segreteria Tecnico Operativa che interloquisca con Uffici e Strutture regionali.
Al comma 4
Si aggiunga a “ gratuito” : “ non oneroso” in modo da prevedere rimborsi spese documentati.

Art. 7 – (Programma Regionale per lo sviluppo della montagna)
Al comma 3 – aggiungere una lettera e) - : “quanto indicato di volta in volta dalla Conferenza di cui all’art.6 “

Art.8 - ( Clausola valutativa)
L’attività prevista appare macchinosa ed inefficace; si potrebbe prevedere all’interno della Conferenza una simile particolare istanza semplificata. Da abrogare

Art.9 – (Disposizioni modificative)
OK
Art.10 – (Abrogazioni)
OK
Art. 11 – (Disposizioni finanziarie)
Sarebbe bene dimostrare con stanziamenti iniziali significativi l’interesse della Regione per le aree interne e montane ….
Art.12 – (Disposizioni transitorie)
C’è da abrogare il precedente art sulle isole ponziane e prevederne l’ Unione di Comuni.

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APPENDICE
UN ITER NORMATIVO COMPLESSO: la legge regionale n°17 del 31.12.2016 e successive integrazioni e modificazioni - l.r. n°9 del 14.08.2017 – l.r.n°13 del 28.12.2018 – Deliberazione GR n°606 del 06.08.2019 – Dpgr n°T00323 del 30.12.2019 –
1 - La legge 17/16 all’art.3 comma 126, abolisce le CM e le trasforma in UCM con proprie determinazioni, senza indicare alcun riferimento nazionale, ma appunto ”secondo il procedimento della presenta legge”; ciò farebbe presupporre l’esercizio della potestà normativa regionale all’interno delle materie concorrenti di cui all’art.117 della Costituzione per il governo del territorio.
Poi al comma 130 si richiama il rispetto del TUEL riguardo allo statuto ed all’atto costitutivo dell’Unione; ma a quale art. del TUEL visto che l’art.27 chiama le Comunità Montane enti locali ed anche Unioni di Comuni, mentre l’art.32 sancisce che se la maggioranza dei Comuni aderenti all’Unione è di natura montana, essa si chiama Unione di Comuni Montani, non spiegando cosa succede dell’art.44.2 della Costituzione applicato ad una Unione in cui i Comuni montani siano in minoranza e quindi in una unione normale facendo venir meno per essi la protezione costituzionale.
2 - Nella successiva legge regionale n°13/18 il legislatore chiarisce ed affida nel nuovo comma 128 lo statuto e l’atto costitutivo all’art.32 del TUEL, anche se la legge 131/03 all’art.4 sancisce la potestà statutaria e regolamentare degli EE LL e quindi la loro libertà di scelta per le forme di governance; tra l’altro c’è giurisprudenza costante nelle sentenze della Corte Costituzionale contro le normative di dettaglio intrusive di queste potestà.
Poteva la Regione Lazio anche non farlo avendo a disposizione altre opzione: creare un ente ad hoc all’interno delle proprie prerogative concorrenti, oppure optare per un ente obbligatorio ai sensi dell’art.27 del TUEL.
3 - L’anno successivo il CR con la lr 13/ 18 aggiusta ancora il tiro: sopprime nella legge la parte che preservava le Unioni preesistenti dall’applicazione della legge, rendendosi conto dei doppioni sovrapposti di Unioni e Comunità montane (con 22 Comuni in Unione ma non montani); poi ancora nel comma 135 abroga la ripartizione di risorse, 60 % alle Unioni e 40% alle Unioni di Comuni Montani e dispone l’utilizzo del fondo per il personale e gli investimenti, secondo criteri che non sono mai stati deliberati dalla Giunta come ivi previsto. (quanti ripensamenti!)
Infine, la trasformazione deve concludersi (sic!) non oltre 60 gg. dalla sua entrata in vigore.
Come si vede una normativa rimaneggiata che richiama comunque l’art.32 del TUEL sia per la forma istituzionale che per la governance, senza porsi il problema della propria ratio da aggiornare alle nuove esigenze sia del quadro nazionale che regionale.
4 - C’è un altro problema, quello dell’assetto istituzionale del territorio che la l.r. 17/16 tenta di prefigurare con un Piano di Perimetrazione ed un Programma di Riordino Territoriale, che presuppone la creazione di Ambiti Territoriali Ottimali di programmazione.
Con la legge 9/17 il Programma di Riordino Territoriale è abrogato e diviene il bilancio finale di liquidazione, indicando un nuovo punto di vista strategico limitandolo alle CM.
Gli ATO riemergono ora nell’art.3 della PL/2020 e non se ne capisce il motivo essendo evidente che la concertazione necessaria all’applicazione dell’art.32 e quindi per la costituzione delle UCM volontarie, darà dei risultati che porteranno ad ambiti tutti da definire.
In conclusione, le CM non sono affatto estinte o abrogate o soppresse, per liquidazione, perché un procedimento civilistico che affronti proprietà, attività, passività e contenziosi, comporterebbe anni di procedure e spese esorbitanti, e quindi non è mai stato iniziato: ergo niente liquidazione ma ricognizione.
Sarebbe opportuno, è di tutta evidenza, un periodo di concertazione territoriale governato dalla GR tendente a mantenere per quanto possibile le UCM all’interno dei confini delle attuali CM, con cambiamenti necessari ed opportuni da distribuire in tempi congrui, in concomitanza con l’individuazione degli ATO.
Ciò si potrebbe fare all’interno della PL in itinere, prorogando l’incarico commissariale del tempo sufficiente allo scopo di un serio e funzionale riassetto del territorio.
La Comunità d’Arcipelago, infine, deve anch’essa essere trasformata in Unione di Arcipelago.


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